Il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione è una condizione psicopatologica appartenente alla categoria dei disturbi dissociativi, patologie caratterizzate da un'alterazione del normale stato di coscienza, integrazione e percezione dell'Io. 

In questo disturbo il soggetto vive uno stato di profondo straniamento e distacco dalla propria esperienza soggettiva, sia nei confronti del Sé che della realtà circostante. Si tratta di un'esperienza destabilizzante in cui la persona avverte di non riconoscere più se stessa e il mondo che la circonda, che appaiono lontani e irreali.

La depersonalizzazione implica il sentirsi estranei e distaccati dal proprio corpo, dai propri pensieri e dalle proprie emozioni, come se si fosse un osservatore esterno di se stessi. La derealizzazione comporta invece la sensazione che l'ambiente sia innaturale e onirico. Queste alterazioni possono alternarsi o presentarsi contemporaneamente. 

Il paziente fatica quindi a percepire in modo vivido gli stimoli sensoriali e descrive una sorta di velo che lo separa dalla realtà sperimentando difficoltà a provare emozioni e sensazioni fisiche. 

Sebbene transitoria e meno grave, la condizione genera profonda angoscia e disagio nell'individuo, compromettendo le sue capacità di relazione e di funzionamento nella vita quotidiana.

Le caratteristiche dei disturbi di distacco dalla realtà

I disturbi dissociativi sono condizioni psichiche in cui si verifica una frammentazione delle funzioni della coscienza, dell'identità, della memoria e della percezione dell'ambiente. Si tratta di patologie complesse e destabilizzanti.

Questi disturbi si contraddistinguono per la presenza di episodi dissociativi, ossia improvvise e transitorie alterazioni della normale integrazione di coscienza, memoria, identità e percezione. Durante tali episodi il soggetto può sentirsi estraneo e distaccato da se stesso e dal mondo circostante.

Tra le caratteristiche principali vi sono: disturbi di memoria come amnesia e vuoti temporali, sensazione di depersonalizzazione e derealizzazione, identità alterate e molteplici personalità. I sintomi possono manifestarsi episodicamente o in modalità persistente.

Spesso i disturbi dissociativi insorgono in risposta a eventi stressanti e trauma psicologici, rappresentando un tentativo della psiche di proteggersi attraverso meccanismi di negazione e allontanamento dalla realtà. 

Le forme più gravi comportano grave sofferenza e disfunzionalità per la persona. I più comuni sono il disturbo dissociativo dell'identità, la depersonalizzazione/derealizzazione e l'amnesia dissociativa. Se non adeguatamente trattati, tendono a cronicizzare e a ripresentarsi ciclicamente.

I sintomi del disturbo di depersonalizzazione e come evolve

La depersonalizzazione si caratterizza per una costellazione di sintomi che comportano un senso di profondo distacco e straniamento da sé stessi. 

Le manifestazioni principali includono: la sensazione di perdere il controllo sul proprio corpo e la propria mente, di osservarsi dall'esterno, di essere in uno stato di sogno o irrealtà, la difficoltà a percepire le sensazioni fisiche e gli stimoli emotivi, il sentirsi distaccati dai propri processi mentali, il non riconoscersi allo specchio.

L'individuo avverte una sorta di velo tra sé e il mondo esterno. Gli eventi scorrono in modo automatico, senza coinvolgimento emotivo. Si ha l'impressione di agire come con un pilota automatico. 

Questa condizione destabilizzante può manifestarsi occasionalmente oppure in forma persistente e invalidante. Spesso i sintomi hanno un decorso fluttuante, con periodi di remissione alternati a fasi di intensificazione.

In alcuni casi la depersonalizzazione si presenta associata ad attacchi di panico o a un intenso stress psicologico. Col tempo può cronicizzare e dare luogo a disagio e compromissione del funzionamento personale e sociale. Tuttavia, se adeguatamente trattata, la prognosi è positiva nella maggior parte dei pazienti.

È interessante notare come la depersonalizzazione abbia una certa analogia con esperienze indotte artificialmente, ad esempio dagli stati alterati di coscienza provocati da sostanze psicoattive. Tuttavia, mentre queste esperienze sono transitorie e spesso ricercate, la depersonalizzazione è involontaria e destabilizzante. 

Dal punto di vista fenomenologico, i vissuti soggettivi riportati dai pazienti presentano similarità con alcuni concetti della filosofia orientale, come il distacco dall'ego o la disidentificazione dai contenuti mentali tipici della meditazione. Ma ancora una volta, ciò che distingue queste pratiche contemplative dalla patologia è il controllo intenzionale su tali stati, assente invece nel disturbo.

Comprendere le basi neurobiologiche di questa complessa condizione può gettare luce sui processi che generano il senso del Sé e il senso di realtà, aprendo prospettive per nuove terapie farmacologiche a supporto degli approcci psicoterapeutici.

Cause e fattori di rischio della depersonalizzazione/derealizzazione

Questo disturbo è determinato dall'interazione di fattori biologici, psicologici e ambientali. Tra le cause scatenanti vi sono eventi fortemente stressanti e traumi emotivi, che possono indurre il soggetto a dissociarsi come meccanismo di protezione.

Anche disturbi psichiatrici quali depressione, disturbo d'ansia e disturbo da stress post-traumatico costituiscono fattori predisponenti. Abuso di sostanze e privazione di sonno possono precipitare episodi acuti.

In alcuni casi la depersonalizzazione può manifestarsi senza fattori scatenanti evidenti, probabilmente per una predisposizione biologica.

Spesso è associata ad altre condizioni mediche, come epilessia, emicrania, disturbo da stress post-traumatico, schizofrenia. Identificare e trattare adeguatamente le cause e i fattori predisponenti è in ogni caso cruciale per un trattare la problematica in modo positivo.

Diagnosi del disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione

La diagnosi di questa patologia si basa sulla raccolta dei sintomi e della storia clinica del paziente, oltre che sull'esclusione di altre potenziali cause organiche.

Il terapista effettua un colloquio approfondito per valutare la presenza delle manifestazioni dissociative tipiche, quali la sensazione di distacco dal proprio corpo, la percezione della realtà come irreale, difficoltà a provare emozioni.

Possono anche essere somministrati questionari standardizzati in cui il soggetto quantifica la gravità e la frequenza dei sintomi. Si indaga su eventi di vita stressanti o traumatici collegabili all'insorgenza del disturbo.

Esami neurologici, del sangue e di neuroimaging aiutano invece a escludere cause organiche come tumori, epilessia, ictus. La diagnosi differenziale comprende schizofrenia, disturbo d'ansia, effetti da sostanze.

Il disturbo di depersonalizzazione/derealizzazione è classificato nel DSM-5. La conferma diagnostica consente di attuare il trattamento più adeguato per alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita del paziente.

Cura della depersonalizzazione con focus sulla terapia cognitivo-comportamentale

Ad oggi non esiste una terapia farmacologica specifica per il trattamento del disturbo di depersonalizzazione, poiché non sono ancora completamente note le basi neurobiologiche. Per questo motivo, l'approccio terapeutico maggiormente raccomandato è quello psicologico, con la psicoterapia cognitivo comportamentale come trattamento di prima linea.

La terapia cognitivo comportamentale si dimostra efficace nel trattamento di questa complessa condizione, attraverso l'utilizzo di diverse tecniche evidence-based. Innanzitutto si effettuano sedute di psicoeducazione, in cui si forniscono al paziente informazioni sul disturbo, sul suo decorso e sugli interventi terapeutici disponibili.

Altre componenti fondamentali sono l'esposizione agli stimoli ansiogeni e il training di tecniche di rilassamento e grounding, per imparare a gestire lo stress e rafforzare il senso di connessione con il presente.

I vantaggi di questo approccio sono numerosi: oltre alla riduzione dei sintomi nel breve termine, consente l'apprendimento di competenze per prevenire le ricadute. Migliora l'autostima e la fiducia in sé stessi. 

Nei casi resistenti può essere utile associare una terapia farmacologica, ma la terapia cognitivo comportamentale rimane il cardine del trattamento. Un approccio integrato e multimodale permette infatti di alleviare il profondo disagio e ripristinare il senso di connessione con la realtà e la propria esperienza.

Se ne senti la necessità richiedi subito una consulenza e parla apertamente del tuo problema, nessuno sarà pronto a giudicare ma solo a trovare una soluzione concreta e attuabile in maniera progressiva.

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