Spesso i nostri pazienti ci chiedono che cosa è la mindfulness e perché la proponiamo in terapia. Questo articolo cerca di introdurre l'argomento e aiutarti a comprendere meglio alcuni aspetti di questa pratica molto salutare per il nostro benessere.

PAROLE CHIAVE:

CONSAPEVOLEZZA, ATTENZIONE, RICORDO (mi ricordo costantemente di essere consapevole e attento), ACCETTAZIONE, NON GIUDIZIO, CALORE, COMPASSIONE (siamo tutti esseri umani destinati alla malattia, sofferenza e morte; per questo è importante concedere a se stessi e agli altri compassione).

Che cosa intendiamo quando diciamo mindfulness?

Non ci riferiamo a un particolare stato mentale desiderato (come essere felici o rilassati), ma piuttosto ad un particolare atteggiamento verso la nostra esperienza, qualsiasi essa sia. E’ difficile spiegarlo bene a parole, poiché la mindfulness è essenzialmente un atteggiamento non verbale. Ciò nonostante le parole possono indirizzarci verso di essa e insegnarci a coltivarla.

La definizione operativa che molti esperti (come Ronald Siegel, l’autore da cui traiamo la maggior parte del testo di quest’articolo) trovano più utile è consapevolezza del momento presente accompagnata da accettazione.

Poiché sembra piuttosto semplice, potremmo pensare: “Ma io sono già consapevole della mia esperienza presente e la accetto”. E spesso lo crediamo finché non consideriamo attentamente i nostri stati mentali normali (cioè tutto quello che ci passa per la testa in questo esatto momento), che, nella maggior parte dei casi, risultano essere tutt’altro che consapevoli (mindful). Infatti, secondo i ricercatori, il modo più attendibile per misurare il nostro livello di mindfulness consiste nell’esaminare i nostri momenti di quotidiana distrazione.

La nostra quotidiana distrazione

Sapete qual è il primo motivo per cui a Manhattan la gente si rivolge al pronto soccorso degli ospedali la domenica mattina?

Provate a pensarci…

Le ferite che la gente si fa tagliando il pane. Chiacchierando con i famigliari la domenica mattina, folle di persone si lasciano distrarre dai loro cari a tal punto che i loro corpi tagliano il pane in automatico, e i loro corpi non sono molto capaci di farlo senza la guida della mente cosciente.

Spesso quindi trascorriamo la maggior parte del tempo persi in ricordi del passato e fantasie sul futuro. Il più delle volte agiamo “con il pilota automatico inserito”, condizione in cui la nostra mente occupa uno spazio e il nostro corpo un altro. È come se la mente avesse una mente propria.

Ad esempio possiamo trovarci a sognare di essere in vacanza durante i periodi lavorativi, ma poi, una volta arrivati davvero in vacanza, ci ritroviamo a pensare al lavoro che si accumula in nostra assenza. Un altro esempio potrebbe essere quello di dirigerci, mentre siamo al volante, verso una meta usale e renderci conto solo dopo un po’ che la nostra meta, questa volta, era un’altra.

Molte volte andiamo di corsa o cerchiamo perfino di sbarazzarci dell’esperienza di vita che viviamo in questo momento per arrivare ad un momento migliore. Ciò dipende dal fatto che noi esseri umani viviamo ricercando il piacere ed evitando il dolore. Ciò ci induce a sbilanciarci in avanti, verso quello che immaginiamo possa essere un momento futuro migliore, oppure a sbilanciarci indietro, confrontando quello che abbiamo ora con quello che c’era prima.

Altre volte rischiamo di essere assenti nella nostra vita, nel disperato tentativo di farla andare secondo i nostri piani (ad esempio, prepariamo un ottimo pranzo per i nostri figli, oramai grandi, che sono venuti a trovarci e, per far sì che sia tutto perfetto in cucina, non ci prendiamo un attimo per stare con loro a parlare a tavola).

Paradossalmente in questo modo corriamo verso la morte, perdendoci i momenti che di fatto stiamo vivendo.

Diventare consapevoli significa dunque osservare dove va la nostra attenzione momento per momento. Questo implica rendersi conto dei molti modi in cui la nostra mente si distrae o si preoccupa.

Cerchiamo di vivere veramente ciò che sta accadendo nel presente, cerchiamo di essere attenti a ciò che stiamo facendo invece di agire in automatico, proviamo ad apprezzare il momento attuale per com’è invece di volere che finisca.

Ma a che cosa serve?

Come può la pratica della mindfulness esserci davvero utile nella vita di tutti i giorni?

Notare quanto spesso siamo distratti, quanti momenti della nostra vita vorremmo schivare e quanto dolore procuriamo a noi stessi e agli altri non accettando le cose per come sono è inquietante.

Ma c’è una buona notizia: la mindfulness può essere coltivata diventando così un mezzo efficace per affrontare la difficile condizione umana e migliorare la nostra esperienza quotidiana.

  • Può aiutarci a vedere e ad accettare le cose per come sono, a fare pace con l’inevitabilità del cambiamento, l’impossibilità di vincere sempre e a rinunciare alla nostra lotta per il controllo di ogni cosa.
  • Può aiutarci ad allentare la nostra faticosa preoccupazione per noi stessi: riuscire a preoccuparsi meno di sé è un gran sollievo (specialmente sapendo che ognuno di noi dovrà affrontare malattia, sofferenza e morte).
  • La mindfulness può darci la possibilità di vivere appieno la ricchezza dei momenti della nostra vita. Quando la nostra attenzione si allontana dai pensieri sul vivere e si avvicina al prendere atto di cosa si prova veramente a camminare, stare in piedi o guidare, tutto si ravviva.
  • Ci dà la libertà di agire in modo più saggio e agile nelle decisioni quotidiane, poiché ci ossessioniamo meno per le implicazioni di ciò che facciamo rispetto al nostro benessere particolare e ci curiamo di più del quadro più ampio delle cose.

Grazie per l’attenzione.

Testo citato dal libro “Qui ed ora. Strategie quotidiane di mindfulness.” di Ronadld D. Siegel, edizioni Erikson.

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